Devo fare una confessione abominevole: io ho odiato profondamente Alessandro Manzoni. Costretta a frequentare a tempo pieno lugubri scuole private cattoliche, in realtà più simili a collegi monastici, ho perso precocemente la fede a 12 anni, il 24 agosto 1985, quando mi arrivarono le prime mestruazioni e mia nonna materna mi segregò per cinque giorni nella casa di campagna fino alla liberazione avvenuta ad opera dei miei genitori, atei risolti. Ero divenuta ai suoi occhi carne impura marchiata dai segni evidenti del peccato originale: il sangue. Con questa infelice iniziazione al mondo delle donne adulte avevo davanti due possibilità: una vita da frustrata oppure l’autodeterminazione femminile. Scelsi la seconda. Per cui, quando al secondo anno di Liceo Scientifico, mi toccò aprire, leggere e studiare “I Promessi Sposi”, tutte le mie frustrazioni da neofemminista acerba si riversarono su Lucia.
ISSO, ISSA E O’ MALAMENTE
Lucia, una sempliciotta ragazza di paese, sottomessa e timorata di Dio, sta per sposarsi con Renzo quando sfugge ad un tentativo di rapimento da parte dei Bravi, su ordinazione di Don Rodrigo che sostanzialmente se la vuole fare. Riesce sì a fuggire ma è costretta a separarsi da Renzo rifugiandosi dalla Monaca di Monza la quale, per compiacere il suo amante malvagio, ci mette del suo affinchè venga rapita, sempre su richiesta di Don Rodrigo, ma per conto dell’Innominato, un figo cattivissimo me, che però si converte miracolosamente e libera Lucia. Purtroppo durante la prigionia lei fa voto di castità alla Madonna, poi si ammala di peste, finisce al Lazzaretto di Milano e qui la ritrova Renzo che, nel frattempo, ha vissuto anch’egli un copione da vera sceneggiata napoletana ai limiti della soap opera. Immaginate la sua faccia quando scopre che Lucia non può più sposarlo perchè ha fatto voto di castità. Deve intervenire un frate sgamato, Fra Cristoforo, che riesce a farla su e ad annullare così il voto. E tutti vissero felici e contenti di morire di parto.
Per un’adolescente è inaccettabile. Ho solidarizzato con Renzo, ho insultato Lucia ed ho cominciato ad odiare Manzoni, senza realizzare che quello che avevo in mano era un libro scritto quasi a metà dell’800, in prosa, in un italiano moderno, con personaggi del 1600 ma moderni, inquieti, malvagi, mafiosi, falsi, ipocriti, stupidi, passionali, deboli, codardi, sporchi. Personaggi del popolo che diventano protagonisti e personaggi del potere inchiodati alle proprie colpe e responsabilità. Personaggi storici esistiti e personaggi inventati. E a far da contorno storia e geografia, raccontati fedelmente.
Insomma avevo in mano il primo grande romanzo storico italiano.
ALESSANDRO MANZONI, UNO DI NOI
Ho impiegato anni a scoprire che Alessandro Manzoni ha subito una educazione molto più severa della mia, ai limiti della violenza psicologica, negli istituti gestiti dai frati Somaschi prima e Barnabiti poi. E’ sopravvissuto rifugiandosi nella letteratura classica. A lui è andata decisamente peggio di me tanto che ha sofferto per tutta la vita di una quantità pazzesca di disturbi nervosi come agorafobia, attacchi di panico, ipocondria, svenimenti e fobie varie come timore della folla, dei tuoni e delle pozzanghere. Ha cercato di vivere da illuminista ma poi ha ceduto al lato oscuro della forza ed ha cominciato a sperare e poi a credere nella Provvidenza di Dio, concetto che accompagna ogni pagina del suo capolavoro. Ben lungi dal pensare ad una soluzione rivoluzionaria in grado di risollevare il destino del popolo, Manzoni affida alla Provvidenza sia la vita del tiranno che quella del povero. Muore a 88 anni, inciampando in un gradino della Chiesa di San Fedele di Milano. Amen.
I LUOGHI MANZONIANI
Alessandro Manzoni è nato a Milano da Giulia Beccaria, figlia del celebre giurista illuminista Cesare Beccaria, ma il padre legittimo, Don Pietro Manzoni, era un nobile di Barzio con casa a Lecco dove Alessandro ha passato buona parte delle vacanze estive a Villa Manzoni, pur sapendo che il vero padre era l’amante della madre, Giovanni Verri, un uomo attraente e libertino, più vecchio di lei di 17 anni. Ha amato molto Lecco che definì “uno dei paesi più belli al mondo” e gli amati ricordi delle sue passeggiate li ritroviamo come fedeli dipinti nelle pagine dei Promessi Sposi. Famoso è l’incipit del romanzo:
Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare di quelli, vien, quasi a un tratto, a ristringersi, e a prender corso e figura di fiume, tra un promontorio a destra, e un’ampia costiera dall’altra parte; e il ponte, che ivi congiunge le due rive, par che renda ancor più sensibile all’occhio questa trasformazione, e segni il punto in cui il lago cessa, e l’Adda rincomincia, per ripigliar poi nome di lago dove le rive, allontanandosi di nuovo, lascian l’acqua distendersi e rallentarsi in nuovi golfi e in nuovi seni. La costiera,formata dal deposito di tre grossi torrenti, scende appoggiata a due monti contigui, l’uno detto di san Martino, l’altro, con voce lombarda, il Resegone, dai molti suoi cocuzzoli in fila, che in vero lo fanno somigliare a una sega: talché non è chi, al primo vederlo, purché sia di fronte, come per esempio di su le mura di Milano che guardano a settentrione, non lo discerna tosto, a un tal contrassegno, in quella lunga e vasta giogaia, dagli altri monti di nome più oscuro e di forma più comune. Per un buon pezzo, la costa sale con un pendii lento e continuo; poi si rompe in poggi e in valloncelli, in erte e in ispianate,secondo l’ossatura de’ due monti, e il lavoro dell’acque. Il lembo estremo, tagliato dalle foci de’ torrenti, è quasi tutto ghiaia e ciottoloni; il resto, campi e vigne, sparse di terre, di ville, di casali; in qualche parte boschi, che si prolungano su per la montagna.
Ecco che già nelle prime righe del romanzo ritroviamo l’ambientazione naturale del Lago di Como, quello di Garlate, l’Adda, il Resegone dai denti a sega e il dirimpettaio San Martino. Ma ogni luogo, anche quando privo di nome, è identificabile e storicamente inquadrabile, a Lecco come a Milano o Monza, perchè Manzoni vuole dare ai suoi romanzi una struttura storica solida, fedele e documentata, dentro cui far poi vivere personaggi realmente esistiti affianco a personaggi di invenzione letteraria.
Il personaggio col profilo psicologico più complesso ed affascinante dei Promessi Sposi è indubbiamente l’Innominato, il personaggio senza nome, il malvagio bandito colpito da una crisi spirituale così profonda da meditare il suicidio. Viene salvato proprio dalle parole di Lucia, inviata naturalmente dalla Provvidenza che l’ha voluta prigioniera apposta nella sua Rocca. Manzoni trae ispirazione per il suo personaggio da un bandito realmente esistito, Francesco Bernardino Visconti, vissuto tra XVI e XVII secolo e passato alla storia per la sua vita turbolenta e criminosa, salvo poi convertirsi ad opera del cardinal Federigo Borromeo, cardinale arcivescovo di Milano che compare nel romanzo, raccogliendo per primo la confessione dell’Innominato e favorendo così la liberazione di Lucia.
Quel che resta della Rocca dell’Innominato è a 420 metri di altitudine, nella frazione di Somasca, sopra Vercurago (LC) e queste sono le bellissime immagini di Guido Fly che vi invito a seguire iscrivendovi al suo canale YouTube.
IL TREKKING SUL SENTIERO ROTARY
Sul Sentiero Rotary in rete si trovano poche informazioni. Di fatto è un sentiero che si snoda con vista lago all’ombra del Resegone e del Magnodeno. E’ descritto come un percorso facile, suddivisibile in due tappe, ben segnalato con segnavia giallo-azzurro. Voluto nel 2010 dal Rotary Club di Lecco su progetto dall’ingegner Annibale Rota per valorizzare i luoghi manzoniani in un connubio tra letteratura e natura, il Rotary parte dal piazzale della funivia dei Piani d’Erna, passa per Ponte della Tenaglia (1° parte) e arriva a Somasca, frazione di Vercurago alla Rocca dell’Innominato (2° parte).
Noi lo abbiamo percorso al contrario e non lo abbiamo trovato affatto ben segnalato (i segnavia giallo-azzurro non esistono). L’unica indicazione che dovete seguire per non perdervi una volta partiti da Vercurago e raggiunta Somasca è quella per Camposecco-Magnodeno, seguendo i segnavia gialli denominati “Percorso Giorgio Combi”.
LA NOSTRA PROPOSTA DI ITINERARIO
Partenza dalla Stazione di Vercurago-San Girolamo —> caffè al bar del semaforo —> Santuario di San Girolamo Emiliani —> Castello dell’Innominato —> Piazzo —> Cave di Calcare —> pranzo all’Agriturismo Ponte della Tenaglia —> Santuario Madonna della Rovinata —> Germanedo.
Durata 3 ore per 600 metri di dislivello. Sentiero facile, family and dog friendly.
Abbiamo utilizzato due auto, parcheggiandone una a Germanedo (in via Lombardia si trovano posti utilizzabili la Domenica senza disco orario) ed una davanti alla Stazione di Vercurago-San Girolamo, ma esistono mezzi di linea che uniscono le tappe (informatevi bene sugli orari e modalità di acquisto dei biglietti, tre cani ammessi per vettura con museruola e guinzaglio).
Dal parcheggio della Stazione risalite sino alla Provinciale dove troverete un bar per fare la colazione di rinforzo. Prendete la stradina in salita per piazza Guglielmo Marconi e percorrete poi tutta via Cittadini. Al ristorante La Sfinge, girate a sinistra per via San Gerolamo.
Il percorso prosegue in mezzo alle case sino ad uno spiazzo con un arco da cui parte la “Via delle Cappelle”, realizzata nel Settecento per raccontare ai tanti pellegrini che giungevano al Santuario la vita di San Gerolamo Emiliani, una vita basata sulla condivisione con i poveri e di comunità con gli orfani. Le Cappelle sono dieci ma a metà strada è situata anche la Scala Sacra, da percorrere in ginocchio (101 scalini) recitando una preghiera per scalino, per ottenere l’indulgenza plenaria nell’anno giubilare 2000. L’indulgenza può essere ottenuta anche nei Venerdì di Quaresima degli anni futuri. L’undicesima Cappella è posta oltre il Santuario in prossimità della Rocca dell’Innominato.
Al termine del Viale delle cappelle, si arriva alla Valletta, dove San Girolamo abitava con i suoi orfanelli. In questo luogo si possono ammirare l’ultima cappella (che rievoca la morte di San Girolamo), la Chiesa della Risurrezione con il piccolo cimitero in cui riposano alcuni padri somaschi, il piccolo santuario dedicato a San Girolamo, la fonte del miracolo.
La Basilica è posta in alto e domina il paese. Nelle giornate limpide è possibile ammirare stupendi panorami sulla Valle di San Martino, sul lago di Garlate e (salendo al Castello) su Lecco e il primo bacino del lago.
Alla sinistra della chiesa si trova la fonte del miracolo: San Girolamo, per i suoi orfanelli, fece scaturire dalla roccia della limpida acqua che ancora oggi zampilla e disseta i pellegrini. I fedeli raccolgono l’acqua santa portandola a casa per gli ammalati.
Dal santuario della Valletta si sale alla Rocca dove S. Girolamo aveva sistemato definitivamente il suo orfanotrofio. Attraverso un sentiero a gomiti e a giravolte in mezzo al verde del bosco, si arriva al recinto del castello che la tradizione attribuisce all’Innominato dei Promessi Sposi.
La Via delle Cappelle e la visita al Santuario sono indiscutibilmente la parte più bella ed affascinante di tutto il percorso e valgono, da soli, una piccola gita monografica.
Dalla Rocca dell’Innominato in poi il sentiero si snoda tra i boschi dove dovrete fare affidamento sul vostro senso dell’orientamento, senza dimenticare di seguire i segnavia gialli che vi ho evidenziato. Se può esservi di aiuto il sentiero affianca spesso il metanodotto (individuabile dai classici funghi) e per un tratto, corre parallelo ai cavi elettrici sovrastanti. Quando arriverete al gruppo di case della foto, prendete la traccia sulla destra dove c’è la centralina recintata e infilatevi nella valle.
Arriviamo all’Agriturismo Ponte della Tenaglia dopo quasi tre ore di cammino tranquillo. Abbiamo prenotato e veniamo accolti da una cucina onesta e familiare: risotto ai funghi, polenta, spezzatino coi funghi, brasato, cassoeula, selezione di formaggi, 3 lt di vino (in otto!!!), caffè e dolci per una cifra ragionevole di 20,00 euro a testa.
A questo punto potete decidere se proseguire sino all’attacco del sentiero Rotary al parcheggio della funivia dei Piani d’Erna o scendere a Germanedo insieme a noi, passando per il Santuario Madonna della Rovinata che vale la pena raggiungere per la splendida vista su Lecco e non sicuramente per le sue 14 cappelle che raffigurano “orribilmente” le tappe della via Crucis.
RIEPILOGO DEL SIENTIERO ROTARY
Dislivello in salita: 620 m
Dislivello in discesa: 536 m
8,3 km
Tempo in movimento: 2 h e 40′
Vuoi ricevere la traccia GPS di questo percorso? Scrivi a oggiescoblog@gmail.com
DOVE MANGIARE
Agriturismo Ponte della Tenaglia di Monti Franca
Via Fontana Della Marietta 23900 Lecco LC
Telefono: +39 0341 495968
E’ gradita la prenotazione.
Avvisare prima se vegetariani.
Cani Ammessi
Dio Marx! Ma quel Manzoni era un cartografo della madonna!
“Conosco quel ramo del lago di Como” e sinceramente, rileggerlo da te, se dovessi descriverlo per una gita di gruppo, farei come te un bel copia incolla.
Peccato che le fotografie attuali non fanno giustizia giù a valle. Quando ero ragazzo e la speculazione edilizia non aveva ancora colpito il Lago di Lecco e Como, (oggi è un condominio a cielo aperto) riconosco nel Manzoni quasi tutti i dettagli. Su quel sentiero che hai tracciato in montagna si potevano trovare pascoli di vacche lasciate quasi in libertà, intimorendomi; erano grosse e severe, facendo dietrofront più volte.
Ma quella scampagnata mi bastava perché, il rientro, a Milano, lo si faceva in bicicletta da Como e si arrivava quasi a mezzanotte col il sedere dolente per via dalla sella. Il giorno dopo camminavo come un cowboy.
Invece, a me, il Manzoni piaceva leggerlo perché, essendo povero e non potendomi permettere una lettura diversa, lo leggevo a puntate su libretti stampati apposta per le classi differenziate frequentate dai poveri. L’unico errore che fecero su quei libretti, fu quello di disegnare Lucia come una insignificante paffutella democristiana, intrigandomi di più la Monaca di Monza, forse, per quel fascino che da alle donne la divisa… Il peccato non assume colpa, ma il piacere del fascino vietato si… con fuga d’amore verso la libertà ^____^
"Mi piace"Piace a 1 persona
Tutta la zona del lago di Garlate è fortemente antropizzata e il lago stesso paga il prezzo della nostra sopravvivenza. E’ un lago inquinato, sporco che noi abbiamo attraversato in canoa scoprendo accumuli considerevoli di plastica e cadaveri di germani in putrefazione. Un vero peccato che ci si concentri sul pericolo dell’immigrazione mentre facciamo morire di inquinamento il nostro paese. Se andiamo avanti così non ci sarà vita nè per noi nè per i fantomatici “invasori”. Alzandosi di altitudine si vede come il bosco si stia riappropriando dei pascoli. Anche la vita di alpeggio è diventata complessa per via delle restrizioni comunitarie applicate al settore caseario e difficilmente ci saranno giovani disposti a riportare le vacche al pascolo.
"Mi piace""Mi piace"