Prealpi Orobiche: il Corno Zuccone e la val Taleggio (+/- 1.025 m)

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Quante volte ci siamo chiesti perchè noi escursionisti lombardi amiamo tanto le Prealpi Orobiche ed io credo che almeno un motivo ci sia: sono costituite da gruppi montuosi isolati, che, una volta scalati, regalano, sempre, panorami mozzafiato a 360°, quasi fossero un unico ampio atlante 3D in cui riconoscere chiaramente il tal pizzo, la tal vetta o il tal corno, magari con quelle belle guglie calcaree a far da contorno che donano sempre un carattere speciale al paesaggio. Ce n’è davvero per tutti i gusti e gambe ed anche l’escursionista poco allenato può trovare soddisfazione scegliendo tra decine di percorsi disponibili e facilmente selezionabili per mezzo del Geoportale del CAI di Bergamo, fantastico strumento di promozione del territorio che non ha eguali in tutta Italia.  Il Corno Zuccone, per esempio, con i suoi 1.458 m è una delle vette più basse delle Prealpi Orobiche, sicuramente la vetta più bassa della val Taleggio, eppure, con solo 500 metri di dislivello, consente una visuale incredibile su tutta la valle sino ai Piani di Artavaggio, sul Resegone (1.875 m), sul Monte Sodadura (2.011 m), sul Monte Aralalta (2.003 m), sul Pizzo Baciamorti (2.006 m).
A guardarlo, con quella sua caratteristica forma di artiglio di drago, sembrerebbe inviolabile ma non intimoritevi perchè la salita vera e propria è molto breve e richiede solo un po’ di attenzione in un paio di tratti appena, leggermente esposti e rocciosi in cui è meglio utilizzare le mani. Yuma, la nostra jack russell, è salita senza difficoltà e se ce l’ha fatta lei possono farcela in molti. Continuate a leggere e vedrete che organizzerete qui la vostra prossima gita. E poi, in cima, c’è una sorpresa, la Madonna delle Cime, con una storia da raccontare. GUARDA IL VIDEO DAL DRONE


La val Taleggio e il suo Orrido

La Val Taleggio è una valle secondaria della val Brembana che ha inizio a San Giovanni Bianco (BG), dove, infatti, occorre svoltare in salita a sinistra seguendo la chiara segnaletica stradale per la “val Taleggio”. E’ interamente percorsa dal torrente Enna che nasce sì in territorio lecchese, ma, che entra poi in provincia di Bergamo con andamento ovest-est, dividendo letteralmente in due la valle. Per ben 3 km, nel tratto finale, l’Enna incide profondamente la valle lungo l’Orrido della val Taleggio (o Orrido dei Serrati), e poi confluisce nel fiume Brembo a San Giovanni Bianco. L’Orrido, vi accorgerete, è molto suggestivo da risalire in auto ed è possibile anche percorrerne un tratto a piedi lungo una strada dismessa tracciata tra il 1902 e il 1910 dalla Società Gas ed Elettricità di Lecco, poi Società Orobia ed, infine, Enel. Questa strada collega le centrali idroelettriche che alimentano, in caso di emergenza, sia la val Brembana che la Valsassina ed è imboccabile in corrispondenza di una galleria (c’è posto appena per un paio di auto in sosta). Pare sia possibile percorrere questo tratto anche in kayak.
La val Taleggio confina con la Val Brembana, Val Stabina, Valtorta, Valle Brembilla, Valle Imagna, Valsassina e al suo centro si erge, appunto, l’artiglio del Corzo Zuccone. E’ ricca di prati per il pascolo ed è graziata da un clima che si mantiene per lo più mite anche d’inverno. Ecco perchè l’attività agricola, casearia e forestale ha qui una tradizione millenaria. Si producono due noti formaggi, il taleggio e lo Strachìtunt Valtaleggio. Per maggiori informazioni turistiche consultate il sito dell’Ecomuseo Val Taleggio
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Il Corno Zuccone (1.458 m)

Per cominciare questo facile trek occorre raggiungere Reggetto (955 m), frazione di Vedeseta (BG), uno dei due comuni, insieme a Taleggio, della val Taleggio. Non è un percorso frequentato quindi dovreste trovare facilmente posto nel piccolo parcheggio al centro della frazione, vicino alla fontana di acqua potabile dove poter fare il cambio borraccia. Sullo sfondo non perdetevi la bellissima Torre degli Alpini, un ex-roccolo a base circolare, ora restaurato. Siamo a 955 m ed il periodo migliore per questa escursione è l’autunno o la primavera che regala bellissime fioriture.

Avete due possibilità di escursione, una breve ed una molto lunga:

  • Escursione breve: salita al Corno Zuccone e discesa per lo stesso sentiero CAI 152 (500 metri di dislivello – 6,5 km – 2h e 30′ in movimento)
  • Escursione lunga: salita al Corno Zuccone, discesa lungo lo stesso sentiero sino alla Sella. Invece di tornare indietro si può proseguire sino ad intersecare il sentiero CAI 151 che collega Vedeseta ai Piani di Artavaggio, pranzo in rifugio e da qui discesa a Reggetto lungo il sentiero CAI 150 (1.050 metri di dislivello – 14,5 km – 4h e 30′ in movimento). GPS consigliato perchè il tratto che collega la sella al sentiero 151 non è segnato e occorre procedere orientandosi con un po’ di intuito (scriveteci e vi invieremo la traccia)

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Dalla fontana seguite l’indicazione per il Roccolo, prendendo in salita la strada asfaltata sulla destra. Terminerà di fronte ad una vasca in pietra e cemento dove è stato inglobato un cippo confinale con la scritta “1760 S.M.”. Sono ben visibili due segnavia che indicano il sentiero CAI 152 e CAI 150. Imboccate il sentiero 152 sulla sinistra e seguitelo anche nella deviazione a destra, poco più avanti, che vi introdurrà nel sentiero vero e proprio. Il sentiero è ben segnato sia con i bolli bianco-rossi sulle piante che con delle paline in legno con la scritta “Corno Zuccone”. Frequenti sono anche i bolli circolari blu o verdi. Noi abbiamo deciso di percorrere il sentiero lungo ed abbiamo tagliato fuori la visita alla Torre degli Alpini, ma se decideste per il percorso breve, potrebbe valere la pena farci un salto.
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Il sentiero fino alla Sella è gradevole, per nulla faticoso, l’ambiente è bucolico, le fioriture primaverili varie ed abbondanti. Si percepisce di essere in ambiente calcareo (Dolomia Principale) dalla presenza di piccole doline, avvallamenti e grotte.

 

Arrivati alla sella le indicazioni vi condurranno alla base della salita vera e propria per il Corno Zuccone. Non spaventatevi quando vi troverete davanti ad una parete verticale, perchè il sentiero è fattibilissimo anche con il cane. Ecco, magari evitate di portarci i bambini piccoli o di farvi accompagnare da amici che soffrono di vertigini, possono aspettarvi giù alla sella.
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Procedete con attenzione sul ripido sentiero risalendo il versante ovest che vi porterà rapidamente verso l’estremità sud del Corno e da qui verso la Madonna delle Cime, ormai ben visibile. Ecco, siete al centro della val Taleggio, prendete fiato, godetevi il panorama a 360°. Quando avrete ripreso lucidità osservate la Madonnina perchè ha una storia da raccontarvi.
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La Madonna delle Cime

Quando io e il Fabio arriviamo in cima, troviamo un gruppo di amici bergamaschi arrivati già da un po’, quindi con fiato sufficiente per chiacchierare. Non c’è molto spazio in cima e si crea subito intimità. Uno di loro si rivolge a noi col sorrisetto di chi sa di avere un bel colpo in canna: <<ma la conoscete la storia di questa Madonnina? Guardate la forma e di cosa è fatta, è di lamiera, non vi ricorda niente? L’hanno fatta con quel che resta di una bomba lanciata sulle fabbriche di Dalmine durante la guerra…>>. Queste sono le cose che amiamo di più, la scoperta di una storia o di un aneddoto. Torno a casa con lo stesso entusiasmo di Howard Carter dopo aver scoperto la tomba di Tutankhamon. Comincio a cercare informazioni su Google convinta di trovarne a decine ed invece trovo, più o meno in tutti i siti, la stessa frasetta “costruita con le lamiere raccolte dopo i bombardamenti alle fabbriche di Dalmine”. Fine, punto, tutto qua, zero particolari.  Non mi do per vinta e comincio a contattare comuni, ecomuseo, ecc…Niente. Cambio chiave di ricerca e trovo il riferimento al terribile bombardamento del 6 luglio ’44 che distrusse lo stabilimento della Dalmine, al secolo Tenaris, azienda leader per la costruzione di tubi in tutto il mondo. La sirena d’allarme rimase muta e furono 800 i feriti e 274 i morti su 4000 persone presenti sul luogo della disgrazia. Una pagina terribile di storia che non conoscevo e che sono felice di riesumare con rispetto. Contatto, a questo punto, un giornale online ma, come risposta, ottengo solo un maleducato messaggio <<cercatelo su Google>>. Ci rinuncio, nonostante la data incisa sulla statua sia recente (1984) pare sia impossibile risalire a chi l’ha voluta, pensata, disegnata e realizzata. C’è inciso un solo riferimento, Amici di Taleggio, a cui va comunque il mio grazie per aver creato di fatto una leggenda, quella di una Madonnina costruita coi resti di una bomba, collocata, a monito, in mezzo ad una valle, dove tutti noi, nati senza aver mai vissuto una guerra, possiamo godere di giornate felici con i nostri familiari ed amici. Forse fu costruita soltanto da un tubo del 1984, forse dai resti delle lamiere della fabbrica, forse dai resti di una bomba, ma che importa? Il messaggio è importante ed arriverà lontano nel tempo.
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I Piani di Artavaggio (1.469 m)

Per tornare alla macchina occorre seguire lo stesso sentiero dell’andata ma c’è la possibilità di proseguire sino ai Piani di Artavaggio, nota meta sciistica, dove pranzare in rifugio. In questo caso, mettete in conto almeno 4 ore e regolatevi con l’orario di partenza. Scesi dal Corno Zuccone ed arrivati alla Sella, vi perderete perchè non esitono bolli per raggiungere il sentiero CAI 151 che porta ai Piani di Artavaggio (in realtà una strada sterrata agro-silvo-pastorale). Quando siamo arrivati all’albero con la freccia a sinistra che indica TUR, non abbiamo girato a destra seguendo i bolli verdi e gialli che presto, però, si sono interrotti. Vi allego l’immagine del nostro percorso, casuale, inventato e migliorabile. Dirigetevi verso l’inciso fluviale dove è impossibile proseguire e costeggiatelo in discesa sino a quando individuerete la strada bianca poco più sotto (151).
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Una volta imboccato il sentiero CAI 151, inizia un lungo percorso interamente su strata sterrata sino ai Piani di Artavaggio. L’ambiente è gradevole ed anche vario, ma il percorso è piuttosto noioso. Se, come noi, avrete la fortuna di trovare la neve, sarà decisamente meglio, altrimenti, ci vuole tanta pazienza.

 

Ai Piani di Artavaggio potete pranzare ai Rifugio Sassi Castelli o al Rifugio Casari. IMG_20190303_133818IMG_20190303_134118IMG_20190303_134919IMG_20190303_135252
Il ritorno, avviene lungo il sentiero CAI 152 che potete imboccare appena a destra dell’Albergo Sciatori. Anche il sentiero 152 non concede grandi emozioni e in un’ora e mezza di sterrato si raggiunge il parcheggio.
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Dove mangiare

Rifugio Casari
Piani di Artavaggio, Moggio (Lecco)
Tel: 0341 996552
E-mail: rifugiocasari@libero.it
http://www.rifugiocasari.it/

Rifugio Sassi Castelli
Piani di Artavaggio, 5, 23817 Moggio (Lecco)
Tel: 0341 996084
Telefono Gestore:  331-73 73 651 oppure 338-33 48 920
E-mail: sassi-castelli@libero.it
http://www.rifugiosassicastelli.it/


Riepilogo Sentiero

Visitate il Geoportale del CAI di Bergamo per vedere il profilo altimetrico ed aprire e scaricare la mappa di questo e di altri sentieri orobici (stampa PDF). Clicca QUI

Dislivello in salita: 1.025 m
Dislivello in discesa: 1.025 m
Distanza: 14,5 km
Tempo in movimento: 4 h e 20′
Tempo totale: 6 h e 15′

Vuoi ricevere la traccia GPS di questo percorso? Scrivi a oggiescoblog@gmail.com
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